Musica

La solidarietà, la poesia e tutto il resto: intervista a Roberto Vecchioni

Roberto Vecchioni
Roberto Vecchioni

"Milano è sempre stata una città generosa e piena di slanci e il mio desiderio è che possa tornare ad essere così".

Lunedì 5 novembre, presso l’Auditorium di Milano di Largo Mahler alle ore 21, si rinnova l’ impegno già ventennale di BNL – Gruppo BNP Paribas con la partnership della Fondazione Telethon al fine di garantire risorse da destinare alla ricerca sulle malattie genetiche e lo fa anche questa volta nel migliore dei modi, attraverso la grande musica. 
Dopo aver ospitato, infatti, con successo negli scorsi anni i concerti di Noa, Elio E Le Storie Tese e Lucio Dalla, l’ appuntamento previsto per il 2012 è con Roberto Vecchioni ed una tappa del suo “I Colori Del Buio Tour 2012”, che fa seguito alla pubblicazione della raccolta omonima. E’ proprio in occasione di questo importantissimo evento che incontriamo Roberto per una piacevole e per nulla scontata chiacchierata sul senso della beneficenza, sulla poesia e molto altro…
 

Negli ultimi anni, i termini “solidarietà” e “beneficenza” hanno assunto, o meglio è stato imposta loro, una connotazione quasi negativa. Come se aiutare gli altri fosse una debolezza. Pensa ci sia ancora lo spazio e la possibilità, oggi, di riportare questi termini al loro significato più alto ?
Lo spazio c'è sicuramente, è sufficiente che la beneficenza non sia velleitaria, che non sia fatta per pubblicità. Se qualcuno va a fare beneficenza sparandola poi da tutte le parti e non perdendo l' occasione di dire “Guardate tutti quanto sono buono io”, quella è un' operazione meschina, ridicola, piccola. Invece se di programma di vita si tratta, la beneficenza ha tutta un' altra connotazione. Credo ci sia spazio ma il punto di riferimento è sempre lo stesso: che sia un sistema di vita e non un atto saltuario, di apparenza, buttato là per rifarsi un qualche tipo di verginità. Questo spazio e questa possibilità devono esserci. 

Nelle tue canzoni si avverte sempre un senso di ricerca, di rincorsa verso qualcosa legato al passato che si è perduto oppure di un sogno, un amore o un ideale a venire. Raramente però vi è il raggiungimento di questo sogno, (e quando lo si raggiunge, si rischiano disillusioni pesantissime, penso alla “Canzone di Olaf”, dove il raggiungimento del sogno coincide con una delusione lancinante) quasi fosse più importante il viaggio che non la méta stessa.
Non è soltanto un  principio mio, credo sia un principio fondamentale di tutti quelli che pensano e “sentono” l' umanità. Non avendo certezze razionali e logiche di méta ma soltanto dei tipi di fede a cui appoggiarci, dobbiamo innanzitutto goderci il viaggio e dare ad esso un senso. Fondamentalmente è il mito di Ulisse, è il mito dell' eterna ricerca, è il mito del “sabato del villaggio”, dove tutto quel che conta è l' attesa. Forse una méta dichiarata, un risultato definitivo della nostra vita sarebbe anche deleterio per l' umanità, probabilmente acquieterebbe, addormenterebbe, vanificherebbe tutto. Finchè c'è viaggio, c'è stimolo. Per noi conta il viaggio, il traguardo è già più umbratile, difficile e nebbioso da capire. La carriera dell' artista non è come quella di uno scienziato: lo scienziato ha più traguardi da raggiungere, l' artista non sa nemmeno cosa sono i traguardi, nemmeno se ne accorge se eventualmente li raggiunge, Sono due situazioni completamente diverse, l'uno crea certezze, l'altro tenta di creare dubbi e sono entrambe cose che servono all' umanità.

Il cantautorato ha avuto il suo più forte impulso nella società negli anni ' 70 e il cantautore era una sorta di faro “poetico” che illuminava e rendeva più definiti i contorni, proprio attraverso la luce della poesia, delle speranze e dei sentimenti che animavano quegli anni. Nella tua esperienza, quanto vedi cambiata la percezione che il pubblico ha verso il cantautore o verso le canzoni scritte in quegli anni ?
E' cambiato tutto il mondo e con esso tutto il mondo della comunicazione. Una volta la comunicazione era faccia a faccia, lettera a lettera, era bar, osteria, cantina. Era canzoni fra amici che diventavano sterminate canzoni vendute perchè il concetto in esso contenuto “prendeva” migliaia di persone. Ora la comunicazione non ha più questa impronta, è fondamentalmente quella di internet e non esiste più vis-a-vis. E' un calderone in cui tutto si mischia, anche le certezze. Una volta le certezze non erano opinabili, erano assolute. Anche nella politica, i partiti erano quelli e quelle le idee legate al partito. Ora è un magma confuso, non conforme, sempre più difficile da afferrare. In tutto questo, anche la voglia di esprimersi in un cantautore è cambiata radicalmente e si va a cantare i dubbi e non più le certezze, come dicevamo prima, cercando comunque di infondere la speranza, questa piccola “dea” che ci deve accompagnare sempre.

Pochi giorni fa Guccini ha confermato che il prossimo sarà il suo ultimo album, nato dalla fatica di produrre nuove canzoni. Come vive oggi Roberto Vecchioni il processo creativo che porta alla nascita di una nuova canzone o, in maniera differente, di un romanzo ?
Ha ragione Guccini a dire che è sempre più difficile scrivere canzoni, non solo perchè ormai si è detto quasi tutto ma anche perchè ci si è spremuti tanto per tirar fuori le proprie emozioni e questa è un' operazione che riesce bene in certi anni e fino ad una certa età. Poi hai soltanto dei rimasugli di tutto questo, anche se a volte nei rimasugli qualche piccola perla ancora riesce a spuntare. Riesco a capire Francesco ma da parte mia starei malissimo se da un certo punto in poi capissi di non riuscire più a tirare fuori un' emozione che mi spinga a scrivere una canzone. Ne andrebbe della mia salute.

Quasi due anni fa hai vinto Sanremo, con "Chiamami Ancora Amore" dove i riferimenti a quella che era la situazione politica e sociale di quei giorni, erano molto chiari. Ora, a due anni di distanza, come potrebbero essersi evolute - o involute - quelle parole ?
Quella canzone è universale, non è valida solo per quegli anni. "Chiamami Ancora Amore" non è solo una canzone “politica” nel senso più pulito del termine, ma esistenziale. Il buio che abbiamo intorno e “la notte che dovrà pur finire” non è soltanto un malgoverno ma è il buio del nostro non sapere perchè viviamo. Probabilmente anche questo è il motivo per cui la canzone ha toccato un po' tutti. Non è soltanto un tema sociale, è in piccolo anche filosofia e quindi il tema della canzone - che non parlava solo di un partito o di un' idea - vale ora che son passati due anni così come varrà fra cinque o dieci. E' anche vero che le cose sono cambiate tantissimo, si sono chiarite tante posizioni di persone, si sono messi nella giusta luce e nella giusta ombra qualche personaggio che non era “per la quale” e si è vista l' insofferenza e l' incapacità di altri ancora. Nella confusione tipica di questi anni qualche spiraglio di luce è venuto fuori e la canzone testimoniò probabilmente quella voglia di cambiamento che era già nell' aria. 

Negli ultimi tempi, ma non solo, i giovani sono costretti a subire giudizi immeritati da parte di forze istituzionali il cui compito sarebbe invece quello di tutelarli e favorirne la crescita ed il futuro. So che ora stai tenendo un ciclo di lezioni all' Università di Pavia e che comunque rimani sempre in contatto col mondo giovanile. In queste occasioni di incontro, cosa dici e cosa consigli loro ?
Tieni presente che c'è una varietà sterminata di categorie di giovani, i ragazzi che frequentano l' Università di Pavia sono diversissimi da quelli di Scampìa, non è quasi neppure possibile fare un rapporto. Qui hanno delle prospettive, possono studiare Comunicazione che magari non può aprire subito la strada verso una professione ma che dà già una direzione di stampo progressista. In altri posti del sud tutto questo a volte è impossibile perchè la prima cosa, fondamentale, è cercare un lavoro e tentare di mantenersi onesti in un mondo in cui è difficilissimo esserlo. La situazione è molto complessa e vi sono mille altri tipi di categorie di giovani, ma il principio fondamentale è cercare di dar loro coraggio. Far loro capire che bisogna frequentare le persone “giuste”,siano esse amici, insegnanti o compagni, persone che valgono veramente e non scegliere la scorciatoia dei più furbi. Ma soprattutto ricordare loro di dar sempre una spolveratina ai valori che ultimamente sono pieni di polvere, Vecchi, antichi, ma sono sempre quelli. Quelli che ci ha raccontato il nonno, il papà o la mamma e che valgono più di qualsiasi giornale o di qualsiasi poeta. Detto questo, tornando un attimo alla figura del cantautore, nel nostro piccolo cerchiamo, con le nostre canzoni e la nostra poesia, di dar loro un bagaglio di lotta e di resistenza contro chi li attacca ingiustamente.

Prima di salutarti e di ringraziarti mi piacerebbe sapere quali sono i progetti che ti aspettano per i prossimi mesi.
Al momento sto lavorando al disco nuovo che comunque non dovrebbe uscire prima della prossima primavera. E poi ci sono sempre un sacco di cose: ho l' Università, richieste di interventi televisivi, ma soprattutto un progetto in collaborazione con il Comune di Milano legato ai “Promessi Sposi” e che mi porterebbe, sempre in primavera e molto probabilmente in qualche bella chiesa o al castello Sforzesco, a fare un ciclo di letture in sei o sette puntate. Spero, attraverso queste letture – che comunque non saranno alla Benigni, anche perchè Roberto è inarrivabile e inimitabile - di riportare un po' la coscienza di Milano ai milanesi. Il popolo di Milano è molto presente nei “Promessi Sposi” e vorrei ricordarlo, ricordare loro quei sentimenti e quella partecipazione che sono sempre stati presenti dai tempi in cui venne scritto il romanzo fino ad arrivare a venti o trenta anni fa. Poi c'è stato qualche errore e qualche sbalzo politico che ha fatto perdere un pochino la trebisonda ma Milano è sempre stata una città generosa e piena di slanci e il mio desiderio è che possa tornare ad essere così.

 

ROBERTO VECCHIONI
in concerto per TELETHON:
I colori del buio
Lunedì 5 novembre 2012
Auditorium di Milano ore 21.00
Organizzato dalle società di Milano di BNP Paribas e da BNL.
I biglietti del concerto sono disponibili nelle Agenzie BNL di Milano e all’Auditorium (tel. 02/83389201-2).
Per ulteriori informazioni sulle attività di Telethon e sulla raccolta BNL:
telethon.it
telethon.bnl.it.